LIBER ACCUSATIONIS IN PAULUM SEXTUM

Supplica al Papa

Santo Padre,

CHI sono io per levarmi contro la Vostra Santità e domandarLe giustizia contro se stessa? Io non sono niente, Voi siete tutto. Non sono più neppure il poco che ero, dieci anni fa, quando facevo il curato di campagna. Sospeso per decisione del Vescovo di Troyes dal 25 agosto 1966, non ho più neanche il diritto di celebrare la Messa, né di predicare nella Diocesi dove risiedo. E Voi, Voi siete l’uomo più in alto sulla terra. Voi siete al vertice degli onori e delle grandezze di questo mondo, insediato nella più alta carica ecclesiastica che si possa concepire e assistito, più di ogni altro uomo, dalla luce e dalla forza dello Spirito Santo.

Come potrei osare levarmi contro di Voi?

Troverò una giustificazione in quei vertici di santità che, senza tener conto dell’importanza della posizione, innalzano gli umili, appagano i poveri, abbassano i grandi, spogliano i superbi, rovesciano i potenti dal loro trono? No, semplice prete all’ultimo grado della gerarchia, non sono che un peccatore in mezzo agli altri. Grandissimi Santi, in tutti i tempi, si sono rivoltati contro i Papi prevaricatori. Io però non ho meriti da vantare, né luce mistica, non sono investito da alcuna missione per poterVi fare rimostranze.

Al contrario, vedendomi tanto miserabile, tremo, pensando a ciò che ha scritto di Voi il Cardinal Journet: « Un santo vivente verso il quale noi dobbiamo volgere gli occhi con amore ». Il Cardinale mi considera irrimediabilmente perduto, a meno che negli ultimi giorni mi si aprano gli occhi, per grazia...1.

D’altra parte in questi tempi, numerose rivelazioni indicano in Voi, come per ispirazione del Signore e della Sua Santa Madre, il loro Figlio prediletto; il più amato di tutti i Papi, il più meritevole, colui che sopporta un vero martirio per la diabolicità della gente che Lo circonda e anche per tutti gli elementi di disordine e di eresia che devastano la Chiesa, Suo malgrado. Se tutto ciò fosse vero, quale conforto sarebbe per noi pensare che soffriamo, malgrado le apparenze, con Vostra Santità, non a causa Vostra e contro di Voi.

Dove trovo quindi l’audacia e il diritto di lamentarmi di Voi con Voi stesso di fronte a tutta la Chiesa? Santo Padre, nella fede, nella speranza, e nella carità che lo Spirito Santo diffonde nelle anime fedeli, purché non sia ostacolato dall’eresia, dallo scisma, dall’apostasia.

Io sono prete da 25 anni, dedito allo studio della teologia. Ma chiamo a testimone solo la fede del nostro battesimo comune, ordinaria, elementare e la mia completa adesione alla Chiesa Cattolica Romana. Perché, Voi non l’ignorate, nella mia opposizione totale e pubblica alla Riforma della Chiesa e persino nel mio rifiuto di accettarLa, ribadito al termine del mio processo al Sant’Uffizio, contro il Vostro desiderio e la Vostra volontà formale, io non sono stato colpito da alcuna pena canonica. Sono stato dichiarato «squalificato» per il mio oltranzismo 2 che non incrina in alcun modo la mia appartenenza secondo il diritto canonico alla Chiesa. Sono sempre figlio del Padre Comune, sottomesso a Vostra Santità. E il figlio ha il diritto di lamentarsi di suo padre con suo padre fino a rimproverarlo dei suoi cattivi pensieri e del suo detestabile modo d’agire.

Modesto membro dell’Ecclesia credens non ho assolutamente l’autorità per giudicare alcuno né per dirimere conflitti, né per fornire l’autentica interpretazione del più piccolo articolo di fede. Ma ho il diritto e il dovere di mantener vivo nella memoria l’insegnamento che ho ricevuto come dottrina eterna e universale, irriformabile e infallibile della Ecclesia docens, del Magistero cattolico. Tutti debbono essere sottomessi a questa fede del semplice fedele, anche Voi come noi, Santo Padre, obbligatoriamente, pena la morte spirituale e la deposizione o la decadenza. Ora, da dieci anni, io non posso impedire al mio pensiero che rende il suo « omaggio ragionevole » 3 a Dio attraverso la fede, di constatare una violenta e formale contraddizione fra quello che ci è stato insegnato un tçmpo e quello che ci viene insegnato oggi. Nel mio animo, che come cera vergine è in attesa della Verità divina — non possedendo altre certezze che i soli principi primi della ragione costituenti la sua stessa natura, e l’illuminazione originaria di Dio Sole degli spiriti — il Credo cattolico è stato iscritto e vi si è stabilito senza che nulla sia mai venuto dall’alto ad alterarne i caratteri. La Chiesa ha sempre parlato lo stesso linguaggio. Da dieci anni, ma non con la stessa autorità, né con la stessa unanimità, né con la costanza e con la universalità di prima, essa tiene attraverso di Voi, attraverso il Concilio, attraverso i Vescovi, tutt’altro linguaggio nel nome della novità e del cambiamento, espressioni abituali e infamanti dell’eresia, dello scisma e dell’apostasia.

Da allora si è levata in me una intima e incoercibile protesta che, per essere coerente, è divenuta pubblica e die ho sottoposto all’esame dell’Autorità. A poco a poco, è arrivata òggi al Vostro Tribunale, al Giudice dei giudici, al Sovrano Pontefice, come al supremo responsabile della aborrita Riforma, ma anche come al supremo interprete e garante della adorata Verità divina. In me, il più indegno dei fedeli di Cristo, la contraddizione tra la religione cattolica e questa sedicente religione riformata è sentita e manifestata nel modo più semplice. In Voi, che siete il più eminente dei fedeli di Cristo, essa deve essere portata al massimo di infallibile chiarezza e di attiva profezia. Dite a noi che ve lo chiediamo dove è la verità di Dio e dove sono l’Eresia, lo Scisma e lo Scandalo, ditelo solennemente e noi crederemo alla vostra Parola.

Dico noi perché non mi separo dal popolo fedele che soffre a causa della stessa contraddizione. Mi presento al soglio pontificio non solo, ma accompagnato da dieci religiosi e da cinquanta laici, invitati â rappresentare questa « Legione Romana » di tremila cristiani i cui pensieri ed i cui sentimenti sono identici ai nostri ed il cui elenco di nomi vi è stato consegnato il 10 aprile 1973 contemporaneamente a questo documento. Tutti Vi amano, Santo Padre, e sperano in Voi come nell’ultima risorsa 4 contro Satana che ha fatto irruzione nella Chiesa. Ma, tremando, tutti vi accusano con noi e come noi, di esserne stato e di esserne tuttora il responsabile, il complice, il collaboratore. Tutti Vi supplicano con preghiere e con lacrime, di giustificarVi o di ritrattarVi, o di lasciare ad un altro, ad un uomo nuovo, la carica del Supremo Pontificato. Nessuno sopporta più tale orribile dubbio e soprattutto tale precisa accusa che lo spirito e il cuore Vi rivolgono. Lo spaventoso disordine al Vertice, diffondendosi nelle membra della Chiesa, è divenuto intollerabile.

Queste migliaia di cattolici non formano una setta, non sono neanche un partito separato dalla comunità cattolica.

Attraverso tanti vincoli, essi giungono a centinaia di migliaia di altri che formano l’illimitato tessuto della Chiesa cattolica. E, in un accordo di fondo, sia pure con diverse sfumature, essi si trovano nella loro accusa uniti ai membri delle sfere più alte della Gerarchia sino a giungere alla soglia stessa del Trono di Vostra Santità.

Per questo, io che pur non sono niente, sento il dovere e il coraggio di domandarVi, Santo Padre, Verità e Giustizia contro Voi stesso a causa dell’eresia, dello scisma e dello scandalo pubblico, evidenti e ostinati, in nome della Chiesa fedele, in nome di tutto il popolo cattolico che Voi ingannate con il pretesto di una riforma necessaria alla Chiesa, rivendicando la Vostra Autorità per un inqualificabile abuso. Voi siete accusato, ritengo che lo siate da parte della stessa Chiesa, nella sua indefettibile infallibilità di cui mi faccio portavoce, miserabile, ma veritiero. Questa accusa non può essere allontanata da Voi, Santo Padre, se non da Voi stesso con la voce autorizzata e infallibile della stessa fede della Chiesa, ponendo termine al conflitto, a vostro vantaggio se lo potrete. Ma noi lo riteniamo impossibile. Una simile sentenza farebbe entrare l’attuale Riforma nel Corpo stesso delle Verità Divine che esprimono il Deposito della Rivelazione. No, questo non può essere...

Mai nel passato è sorto un tale conflitto. La Chiesa non può vivere in una simile contraddizione. La nostra accusa Vi impone, Santo Padre, di prendere in esame tutta la questione e di pronunciarVi. Il prezzo di ciò sono la pace della Chiesa e la sua fedeltà a Gesù Cristo. Io vorrei, noi tutti vorremmo, avere personalmente torto perché Voi abbiate ragione. Ma l’onore di Dio, il bene comune della Chiesa e la salvezza delle anime parlano più forte dei nostri umani sentimenti: Voi avete torto. Noi preghiamo per la vostra conversione spirituale affinché la Chiesa sia liberata da Satana che la tiene soggiogata e sia resa a Cristo per produrre ancora frutti di vita e di santità.


1) Lettera a un religioso (correspondenza privata) 21 gennaio 1973.

2) Notifica del 10 agosto 1969, DC 69, 794; cf. CRC 23 p. 2 A.

3) Rom. 12, 1; cf. Pio IX, Qui pluribus, DB 1737.

4) Mtt. 7, 13.