LA FISICA E LA CHIMICA DELLA SANTA SINDONE
RIASSUNTO
SOTTO questo titolo fu pubblicata fra gli Atti del Convegno di Bologna (pag. 459-478) una memoria che il professore L. Coppini, allora direttore dell “ Centro ” di Torino, chiede a Fra Bruno di Gesù per il Convegno di Sindonologia di Bologna riunito sull tema “ LA SINDONE SCIENZA E FEDE ”. Egli doveva render conto del simposio di New London dove gli americani dello Shroud of Turin Research Project (STURP) avevano esposto il risultato dei loro lavori.
Analizzando gli articoli specialistici di fisica-chimica, di ottica, di elaborazione delle immagini, fra Bruno pone nel giusto risalto l’opera multidisciplinare del numeroso gruppo di scienziati raccolti nello STURP (Shroud of Turin Research Project) i cui risultati contenuti in un voluminoso rapporte e in una serie di pubblicazioni hanno consentito di confutare senza ombra di dubbio le conclusioni di McCrone, basate su errate interpretazioni dei dati.
Il suo lavoro poi si apre ad altri ricercatori di cui esamina in particolare le affermazioni, come per le ricerche dell’americano Heller e la convinzione scientifica del Baima Bollone. Discute le varie teorie proposte sulla formazione dell’impronta del corpo, da Rogers, Jackson e Adler, cercando un punto di raccordo nella possibilità che il calore o la luce abbiano agito come catalizzatori di una reazione chimica sul tessuto e infine dopo riferisce sugli studi paleografici di Filas.
INTRODUZIONE
Il simposio di New London (10 – 11 ottobre 1981)
Comunicazione di Fra Bruno BONNET-EYMARD
al Congresso « La Sindone, Scienza e Scienza »
BOLOGNA 27-28-29 Novembre 1981
Poco prima del Convegno di Bologna, ha avuto luogo a New London il Simposio dello Shroud of Turin Research Project (STURP), all’Auditorium Palmer del Collegio del Connecticut (10-11 ottobre 1981), tre anni dopo quelle di Torino (7-8 ottobre 1978). Dopo questi tre anni di ricerche, effettuate con metodi di lavoro molto diversi da quelli di cui tratta il presente volume, la convergenza delle conclusioni emersa dai due Congressi è notevole.
Quelle del Simposio di New London si riassumono in poche frasi che hanno avuto il consenso generale dei trentadue saggi del « team » e dei loro assistenti. « Noi possiamo concludere per ora che l’immagine della Sindone è quella di una reale forma umana di un uomo flagellato e crocifisso. Non è la produzione di un artista. Le macchie di sangue sono composte di emoglobina e mostrano pure un test positive per l’albumina del siero » 1.
Il gruppo di studio ha dunque raggiunto il suo scopo : « determinare attraverso esami non distruttivi la chimica ed il carattere dell’immagine nella Sindone », con uno studio completo di tutta la superficie del lenzuolo, sotto tutte le lunghezze d’onda dello spettro d’energia elettromagnetica da una parte e per mezzo dell’analisi chimica dall’altra 2.
Questi mezzi d’indagine, di ampiezza tecnologica mai raggiunta, restano tuttavia strettamente limitati agli aspetti fisici e chimici della Santa Sindone ; ne restano quindi esclusi i dati della storia e dell’archeologia ed anche della medicina legale, poiché la questione dell’identità della vittima è stata lasciata volontariamente da parte. « Come gruppo di studio lo STURP evita la questione dell’identità dell’uomo della Sindone » 3.
Una frase piena di « humour » esprimeva l’impressione lasciata ai partecipanti a queste due giornate di lavori intensi di alta e difficile indagine tecnologica : « Sappiamo quasi tutto circa il sudario, ciò che vi è sopra, sotto, dentro, ciò che è...: quelle che non sappiamo è rispondere a queste due demande : quando ? e come ? ».
Ciò non impediva a molti ricercatori, nelle conversazioni al di fuori delle sedute. di confessare la loro intima convinzione : questo lenzuolo non può essere che il lenzuolo di Gesù Cristo. Ma ufficialmente « come gruppo di studio » si terranno sulla loro posizione di attesa... finchè la Santa Sindone non sarà stata esaminata al carbonio « 14 ».
Al gran disappunto dei partecipanti, che dovevano far fronte ad un’enorme quantità d’informazioni tecniche, come racconta scherzosamente Yan Wilson, nessuna documentazione era a disposizione, né un testo stampato con il riassunto dell’una o dell’altra comunicazione, né un duplicato delle fotografie esposte, né nastri registrati. Siccome l’insieme delle comunicazioni non era che una sintesi ben ordinata dei risultati pubblicati nel corso degli anni 1980-81 su riviste scientifiche, possiamo disporre già di un’abbondante documentazione sul lavoro sindonologico dei nostri amici di oltre atlantico.
LA FISICA E LA CHIMICA DELLA SANTA SINDONE
PARTE I - IL SANGUE
Non è più necessario mettere tra virgolette questa parola. Perché si tratta veramente di sangue. La dimostrazione data da Adler, il mattino dell’ll ottobre 1981, ha segnato il vertice del Simposio, come quella di Baima Bollone al Convegno di Bologna il 27 novembre 1981. L’uno e l’altro avevano d’altronde già presentato le loro conclusioni. Baima Bollone, in maggio, dinanzi all’Accademia di Medicina di Torino, Adler al Congresso annuale della « Can. Soc. For. Sci. », che si è svolto dal 24 al 28 agosto all’Universita McMaster di Hamilton, nell’Ontario.
Ringrazio Samuele Pellicori di avermi fatto la cortesia d’inviarmi lo stralcio stampato del Giornale di questa Società 4. È una dimostrazione senza replica, che mette fine, defïnitivamente, alla controversia con McCrone, demolendo la sua tesi di una pittura, a tempera, all’ossido di ferro e al cinabro, eseguita con le dita.
IL « CINABRO »
Anche Heller ed Adler hanno pertanto riscontrato « cinabro » su una delle trentasei strisce campione prelevate sulla superficie del Lenzuolo da Ray Rogers, di cui non ricevettero che 22 esemplari per sfortuna già manipolati da McCrone 5. Essi raccontano : « Durante l’esame microscopico delle diapositive noi abbiamo notato un largo oggetto prismatico esagonale (150 x 50 /microm) al limite della striscia, ma nell’adesivo sulla striscia campione 6 BF (...). Sulla base della visione ottica e del processo chimico, questo può essere identificato come « cinabro » (HgS) (...). Ciò è chiaramente un artefatto accidentale di cui non abbiamo visto l’equivalente in nessun’altra diapositiva, né abbiamo alcun’altra particella rossa, anche nella stessa striscia, all’infuori di questa, e ciò non può date una risposta positiva per Hg » 6.
Cosa concludere di questa scoperta ? Per il fatto che queste tracce, invisibili a occhio nudo, sono il solo esempio di « cinabro » riscontrato sull’insieme dei campioni esaminati e che inoltre gli studi di fluorescenza, ai raggi X, non rivelano mercurio nelle zone di immagini del corpo 7. la sola conclusione ragionevole è che qualche artista abbia macchiato il Lenzuolo, copiando la Sindone. Tanto più che « questa particella di cinabro è stata scoperta in una zona di sangue e noi abbiamo adesso un dato rilevante più che sufficiente per affermare che queste zone sono state macchiate di sangue vero e che, dunque, non sono state composte da cinabro ».
Per stabilire questa reale presenza di sangue, come Baima Bollone, cosi Heller ed Adler hanno proceduto per paragone con tele di controllo. « Un certo numero di controlli specifici su una superficie di lino di un centimetro quadrato furono préparati con un campione tolto da una tela spagnola di 300 anni fa, già utilizzata per i nostri esperimenti (...). Lenzuoli funebri copti (di 300 anni prima di Cristo) e faraonici (di circa 1.500 anni prima di Cristo) ci furono forniti dal Riggi di Torino e furono usati come controlli ».
Nel 1980, lo studio comparato delle fibre macchiate della Sindone e delle fibre di simulazione non avevano permesso una conclusione sicura. Certo, « esaminate dalla microspettrofotometria nella zona visibile (...). tutte queste fibre mostrarono un intenso Soret (400-450 nm), assorbimento indicative di materiale porfirinico regolare » 8. Ugualmente la spettroscopia riflessa, realizzata direttamente sulla Santa Sindone nell’ottobre 1978, presentò essa pure, ancor più chiaramente, « strisce e forme visibili che indicavano immagini di « high spin » di ferro porfirinico ». Ma questi risultati restavano dubbi a causa di una distorsione dello spettro dovuta alla dispersione dei campioni ematici solidificati. Quanto agli esperimenti chimici, essi danneggiarono talmente il nastro adesivo che divenne impossibile trattarlo otticamente.
Fu allora che, in mezzo a queste esitazioni, McCrone annunziò al mondo la sua « scoperta » di un collagene che aveva servito da legante ad un falsario, « un artista molto esperto e ben informato » 9. McCrone aveva usato l’amido nero che vira in blu in presenza di ogni sostanza proteica. Ma Heller ed Adler dimostrarono che « questo macchiava fortemente anche la cellulosa pura ed ancor più fortemente macchiava la tela di controllo spagnola riscaldata e bruciacchiata » 10.
Al contrario, una serie di esperimenti, tra i quali quello con la fluorescamina, che rivela corne « un nanogrammo di proteina genera una caratteristica fluorescenza verde sotto una lunghezza d’onda ultravioletta (...). furono definitivamente negativi su tutte le fibre distanti dalle zone di sangue ».
Conclusione: « La proteina è soltanto riscontrata associata alle zone di « sangue » e non è definitivamente presente come « pigmente legante », nelle zone dell’immagine del corpo, al disopra del livello del « nanogrammo ».
ALBUMINA
Vernon Miller e Samuele Pellicori hanno ripreso a Torino una serie di fotografie della Santa Sindone ai raggi ultravioletti ed alla luce visibile, dividende tutta la superficie in otto zone di 53,3 cm2 ciascuna. Hanno cosi potuto paragonare le caratteristiche di ogni zona in colori fluorescenti ed in colori visibili.
Ho ricevuto dal Pellicori le copie di queste fotografie, accompagnate dal loro commento sagace ed attento 11. Costituiscono un emozionante e profonde rinnovamento della nostra lettura tradizionale delle impronte, perché la fluorescenza ultravioletta rivela, per la prima volta, numerosi particolari insospettati.
Per esempio, il sangue che cola dalle piaghe alle mani, ai piedi ed al costato, che scorre nell’infossatura dei reni, che imperla la fronte e la nuca ha, alla luce visibile, proprio il colore « di un sangue essiccato », come aveva osservato Barbet nel 1933, allorchè la Santa Sindone apparve sui gradini della scalinata del Duomo, portata da venticinque prelati, alla « luce viva diffusa » del sole del tramonto « ideale per l’osservazione » 12.
In fluorescenza ultravioletta, al contrario, il sangue perde il suo colore : « altamente assorbente, senza colore. I bordi fluorescenti appaiono intorno a varie zone », nota Pellicori. Ciò è in accordo con i dati di laboratorio, dove il sangue intero presenta un assorbimento totale. Queste zone, tutte intorno fluorescenti, associate al flusso di sangue. come pure i numéros ! segni di flagellazione, fanno pensare fortemente alla presenza di siero ematico.
Ora, è precisamente quelle che è dimostrato dalle analisi di Adler : « gli esami positivi al Verde di Bromocresolo indicano che l’albumina può essere ottenuta per più larghe e profonde zone giallo-arancio ed anche per le fibrille giallo-oro (« siero »). Ciò indica che altri costituenti del sangue, oltre alle emoproteine, sono presenti nelle zone ematiche. Risultati positivi simili a quelli dell’albumina sono stati riscontrati in zone adiacenti al sangue, per esempio, nell’area della ferita della lancia. Il « siero » visto altrove, apparentemente dovuto alla contrazione del coagulo, è disposto come se le ferite rappresentassero immagini coagulate, come sostenne Barbet ».
PIGMENTI BILIARI NEL SANGUE
Bisognerebbe citare ognuno di questi esperimenti, che aveva tanto desiderato Barbet, e che oggi sono stati realizzati da Adler ! Ad esempio, quelli che sono arrivati a dimostrare la presenza di pigmenti biliari nelle zone di macchie di sangue. « Inoltre abbiamo analizzato prodotti di degradazione dell’eme, per esempio, i pigmenti biliari, come la bilirubina, con il reagente di Erlich, usando il metodo di Jendrassik ».
Tutto questo conferma con abbondanza « le aree con immagine di sangue come sangue », con una notevole convergenza con le conclusioni di Baima Bollone ; ciò è tanto più importante poichè le due ricerche sono state effettuate in modo indipendente, su tipi di campione e secondo procedimenti di analisi molto diverse.
Soltanto Baima Bollone sembra aver fatto un passo avanti, poichè gli americani mantengono ancora una riserva circa la natura umana di questo sangue : « La questione se il sangue sia o no sangue umano è meglio lasciarla ad esperimenti immunologici futuri ».
In ogni modo è sangue e sangue completo : « L’indicazione di pigmenti biliari e di protéine di tipo sierico, ad esempio, l’albumina, fa pensare che questo sia, in realtà, sangue completo sul lino e non solo proteine ematiche. Inoltre le osservazioni che proteine non ematiche possono essere riscontrate nelle zone adiacenti alle macchie di sangue sono a sostegno dell’opinione di Barbet, seconde la quale queste macchie generalmente rappresentano sangue coagulato e non fiotti di sangue libero ».
Questa nota mi sembra ponga un termine definitivo alla controversia che ha sollevato la comunicazione di Rodney Hoare al Convegno di Bologna. Essa ripropone una delle questione più controverse nel gruppo dello STURP, quella deU’interpretazione dell’« immagine del corpo ». Adler aggiunge infatti: « Queste conclusioni sono inoltre rafforzate dagli studi delle fotografie all’ultravioletto, che mostrano gli effetti degli aloni di siero intorno ai segni della flagellazione ed ai margini dei coaguli di sangue ».
« Che questa riproduzione, cosi esatta chimicamente ed anatomicamente, possa essere stata prodotta da altro mezzo che non dal diretto contatto della tela con un corpo umano ferito, è difficile da concepire. I particolari della flagellazione si rivelano nella fotografia fluorescente : ciò rafforza la suggestione del contatto diretto ».
Se i resti del sangue indicano questo contatto diretto della stoffa e del corpo, si può dire che tale contatto fu la causa necessaria e sufficiente dell’insieme delle impronte, compresa l’immagine del corpo » ?
LA FISICA E LA CHIMICA DELLA SANTA SINDONE
PARTE II - IMMAGINE DEL CORPO
Sulla questione della genesi dell’immagine Kenneth Stevenson fa notare molto giustamente che lo STURP, di cui egli stesso è membro, sembra essere in un vicolo cieco per essere partito da presupposti... antiscientifici ! Ciò è veramente paradossale per un gruppo di studio che riunisce forse i migliori esperti del Nuovo Mondo, ma è la pura verità.
« Gli scienziati raggrupparono le varie teorie della formazione dell’immagine in due gruppi : nel primo l’immagine era stata prodotta artificialmente e nel secondo un processo naturale ne sarebbe stato la causa. Molte difficoltà sorsero a proposito di questo schema concettuale. Per il fatto che nessuno ha conosciuto esattamente come l’immagine si trasferi sul lenzuolo, l’iniziale suddivisione tra le teorie dell’immagine artificiale e quella dell’immagine naturale sembrò arbitraria od almeno prematura. Una delle ipotesi considerate più seriamente dal gruppo di studio, quella che un materiale sensibilizzante abbia prodotto l’immagine, è stata considerata appartenente ad entrambe le due categorie, perché potrebbe essere stato in rapporto sia ad un processo naturale, sia l’opera di un falsario. Il risultato più controverso di questo accomodamento teorico fu la classificazione del gruppo di studio che raggruppava le teorie sulla bruciatura nel gruppo delle immagini artificiali. Se l’immagine si rivelava come una bruciatura, dicevano loro, doveva essere artificiale. Se fosse stata bruciatura naturale, gli scienziati avrebbero dovuto spiegare come un corpo morto avesse potuto emettere fuori sufficiente calore o luce per bruciare un lenzuolo di tela. Questo non erano in grado di farlo » 13.
In realtà una terza possibilità era fin dall’inizio accantonata da questo falso dilemma : « La possibilità che l’immagine possa avere un’ origine soprannaturale ». Noi vedremo come « questa supposizione possa aver aiutato gli sforzi del gruppo di studio per le conclusioni finali » 14.
IMMAGINE « ARTIFICIALE »
Su un punto v’è l’unanimità. McCrone è in errore : « Avendo le ricerche di McCrone dimostrato la presenza di proteine, di ossido di ferro e di « cinabro » nelle strisce campione, egli concluse che la Sindone è una pittura e che l’artista aveva usato la proteina come un pigmento legante per rendere l’immagine del corpo con ossido di ferro e le macchie di sangue con una mistura di ossido di ferro e di cinabro. Benchè anche noi abbiamo identificato questi stessi ingredienti nelle strisce campione, siamo pero giunti ad una conclusione opposta » 15. Abbiamo visto perché : la natura e la localizzazione delle proteine le fanno appartenere al sangue : esse non sono dunque la causa della colorazione delle fibre, che dal giallo pallido al bruno scuro, definisce l’immagine del corpo.
L’errore di metodo e di analisi è lo stesso in ciò che riguarda le particelle che vanno dal giallo-arancio al nero, passando dal rosso. Non ha notato, in particolare, che le particelle rosse si dividono in due categorie ben distinte seconde il loro indice di rifrazione. Soltanto quelle « birifrangenti » sono di ossido di ferro (Fe2O3), mentre le « non birifrangenti » sono proteiche.
Ma c’è di più : « la chimica rivela che tre tipi di ferre sono presenti : ferro misto a sangue nei materiali ematici ; ferro chelato unito a cellulosa, riscontrato dappertutto più o meno uniformemente sopra tutta la Sindone ; ossido di ferro in particelle, concentrato principalmente, ma non esclusivamente, nei margini di macchie d’acqua ed in alcune zone bruciate specialmente vicino al sangue ».
Due spiegazioni su questa abbondanza di ferro. La prima è la carbonizzazione del sangue in ossido di ferro, conosciuta dai chimici dal 1648, ma non da McCrone, a quanto sembra 16. In seconde luogo, il ferro legato alla cellulosa ed il ferro (Fe2O3) al margine delle macchie d’acqua. « quasi puro, definitivamente libero da tracce di Mg, Co, Ni e Al (tutti gli ingredienti della tavolozza di un pittore) ed al disotto del livello dell’ 1% », trova la sua spiegazione più semplice nel processo di preparazione del lino grezzo, per mezzo del quale « il materiale era « macerato », ad esempio fermentato, pratica questa che richiedeva di tenere sommerso il materiale in una quantità di acqua naturale per lunghi periodi di tempo. Questo processo è stato usato fino ai tempi recenti. Durante tale procedimento lo ione naturale cambia le proprietà della cellulosa ed i due ioni, riscontrati comunemente in acque naturali, che più fortemente legano in questa materia sono Ca e Fe ; con il primo il suo legame è più forte ».
Orbene, concentrazioni relative di ferro e di calcio sono state osservate ai raggi X da Schwalbe, che ha riscontrato in più dello stronzio e sono state confermate da una serie di esami combinat ! per evidenziare gli ioni metallici specifici 17. Ma queste concentrazioni restano al di sotto del livello necessario perché un’immagine sia visibile ad occhio nudo, come lo mostrano i diagrammi stabiliti da Pellicori 18. Non sono dunque dovute ad un’applicazione manuale, ad un procedimento pittorico, ma in conseguenza di un bagno iniziale del materiale grezzo : « il ferro trovato depositato sud lino in questa maniera è molto comune ed offre una spiegazione molto semplice delle tracce di ferro unite a cellulosa, ritrovate, non soltanto sul lino della Sindone, ma anche sui campioni di tela spagnola e nei tessuti copti e faraonici » 19.
I risultati di Adler ed Heller dimostrano dunque chiaramente : « che l’immagine del corpo, in realtà, non è prodotta da alcun pigmente, macchia o tintura e che non è spiegata da un procedimento di ingiallimento della proteina dovuto al tempo. Proteine sono presenti soltanto nel sangue e negli aloni intorno ai sangue ».
Abbiamo visto che il « cinabro » è una contaminazione evidentemente accidentale. Quanto a « gli elementi differenti dal Hg, riscontrati dalle analisi di McCrone, cioè Na, Mg. Al, Si, P, Cl, K, Ca, Fe e Cu. si riscontrano infatti tutti nel sangue intero ». Che resta allora ? Che l’immagine sia naturale ?
IMMAGINE « NATURALE »
Per descrivere l’immagine del corpo, una formula perfetta esce dalla penna dei nostri relatori, che riassumono lo stato della questione : « l’immagine si produce dalla cellulosa disidratata ed ossidata e non si può spiegare con un meccanismo specifico ».
L’immagine chimicamente pura, superficiale e monocroma, sorge da un semplice contrasto : quelle che oppone le fibre disidratate sul fondo avorio della stoffa. Ecco ciò che dà il disegno del « corpo ». Niente di più. « Le fibre che formano l’immagine sono semplicemente piû disidratate ed ossidate delle fibre che non formano immagine, ma meno delle fibre bruciate.
Questo fornisce una spiegazione plausibile per le nostre osservazioni. Per esempio, è probabilmente la ragione per la quale l’immagine, sottoposta ai raggi ultravioletti, sembra spegnere la fluorescenza naturale della tela.
Tutta la questione è di scoprire se è possibile « un meccanismo specifico » capace di spiegare la genesi di questa disidratazione. Esponiamo le ipotesi che si presentano, ma osservando con Stevenson che, per il fatto che « l’esame microscopico ed elettromagnetico della Sindone ha rivelato che niente di chimico era presente sul lenzuolo in quantità apprezzabile (...), queste teorie erano piuttosto speculative e rendevano necessario un lavoro di laboratorio per verificarle » 20.
VAPOROGRAFIA
È la vecchia teoria elaborata dal 1902 da Vignon e Colson, seconde la quale le impronte ematiche si spiegherebbero da un contatto diretto tra la stoffa ed i coagulî di sangue « riumidificati » da vapori ammoniacali emanati dal corpo durante il soggiorno nel sepolcro. Questi vapori, prodotti dalla fermentazione dell’urea, avrebbero inoltre reso scuro l’aloe di cui il telo era impregnato : da qui la formazione delle impronte corporee al contatto delle parti in rilievo del corpo, « mentre a poco a poco l’immagine dei piani fuggenti impallidiva per perdersi, in fine, nei toni chiari del resto della stoffa » 21.
Oggi, dopo ottant’anni di ricerche, questa ipotesi si trova di fronte a tante obiezioni che la si può considerare respinta all’unanimità dallo STURP.
Dapprima, per esperienza, la trasformazione dell’urea in carbonate d’ammoniaca si présenta problematica e tardiva, e non si verifica in presenza d’aloe.
Ma ad ogni modo non si vede come dei vapori disseminati nello spazio abbiano potuto produire sulla tela un’immagine d’una cosi grande esattezza. Tutte le ricerche simulate in laboratorio con vaporografia, tentate sulla base di altre reazioni chimiche, oltre quella sperimentata da Vignon, hanno ottenuto soltanto immagini grossolanamente deformate.
Infine, soprattutto dal 1978, questa teoria vaporografica contrasta con ciò che si riscontra al microscopio : « L’immagine stessa del corpo è uniforme, di colore giallo leggermente seppia nelle parti in cui i fili sono maggiormente in rilievo o, in altre parole, sulla superficie più esterna della Sindone » 22. Nessun indice di saturazione né di scolatura capillare lungo le fibre : nessuna diffusione vaporografica né in superficie, né nella profondità delle fibre oscurate : semplicemente le aree più scure « hanno più fibre scure ».
Barbet, che non vi credeva affatto, scriveva: « Questi vapori agirebbero in ragione inversa del quadrato della distanza dai rilievi del corpo alla superficie del lenzuolo. L’avvenire ci dira, forse, se c’a una parte di verità in questa ultima frase, anche se, per l’immagine che si produce sotto il cadavere, non vedo chiaro : ma passiamo oltre » 23.
Géniale premonizione ! L’avvenire ha detto infatti che c’era qualche cosa di vero : la tridimensionalità, scoperta da Jackson nel 1976, è veramente questa proprietà che ha la densità dell’immagine di variare in funzione della distanza tra la tela e le parti del corpo che ricopre, secondo un rapporto matematico che permette la ricostruzione volumetrica di questo corpo. Ma in modo preciso questa proprietà insolita, unica nel suo genere, scarta definitivamente la vaporografia come genesi possibile dell’immagine : questi vapori, spiegava Vignon « agivano di più quando c’era una pressione, cioè perfetto contatto. Agivano in compenso tanto meno, quanto maggiore era la distanza del telo dal corpo » 24. Orbene tutta la superficie del dorso, essendo in contatto per la pressione del corpo che pesava sul telo, avrebbe dovuto produire un imbrunimento uniforme, senza mezze tinte, di tutta la zona dorsale. Non è invece cosi. L’immagine del dorso è tanto finemente modellata come quella della faccia, cosa che faceva scrivere a Vignon, come un’obiezione che faceva a se stesso: « Il profilo è troppo nell’aria » 25.
Questa « non pesantezza » del corpo è evidente allò schermo video VP 8, l’analizzatore di immagine che converte le sfumature d’intensità in gradi di rilievo verticale, quando l’addetto all’apparecchio fa girare l’immagine tridimensionale risultante e la fa, in tal modo, vedere sotto angoli variati.
Ma essa è ancora forse più impressionante all’esame dei dettagli rivelati dalla fluorescenza UV sul profilo dorsale colpito dal flagello : « Il particolare (e il contraste) è soltanto leggermente meno prominente sulla fronte, che non nell’immagine dorsale, indicando che la grande differenza di peso per ciascun lato aveva soltanto un’influenza minore sull’impronta dei colpi della flagellazione. Questa osservazione è contraria a ciò che ci si potrebbe aspettare intuitivamente e potrebbe essere una chiave per qualche futura comprensione del meccanismo che ha prodotto l’immagine » (cfr. Nota 11).
IMMAGINE « LATENTE » PER CONTATTO
Pellicori è forse lo scienziato che ha più lavorato, nel corso di questi tre anni di ricerche, per dare una spiegazione « naturale » fisico-chimica della genesi dell’immagine : « le nostre osservazioni microfotografiche sul tessuto del telo e la leggera colorazione con gli esperimenti di laboratorio sul sudore e gli unguenti, hanno suggerito una possibilità che alcuni fluidi abbiano semplicemente accelerato la degradazione normale e l’inscurimento della cellulosa (...), che avviene per mezzo di una graduale ossidazione e perdita di acqua per esposizione alla luce ed al calore » 22.
Per veriflcarlo « Ho deciso di sperimentare il risultato di sostanze diverse, come unguenti per il corpo, sudore, olio di oliva (che con la mirra e l’aloe era usato corne unguento per la sepoltura nell’antica Palestina), applicandole al tessuto in strati molto leggeri e scaldando il telo a temperatura elevata per riprodurre l’effetto di un certo periodo di invecchiamento. In ogni caso l’immagine latente, precedentemente invisibile, in qualche ora si sviluppò in una macchia visibile. All’ingrandimemo le fibre di questa zona macchiata apparvero meno morbide che le fibre non umidificate, esattamente come il fondo non macchiato della Sindone attuale mostra una tessitura più fitta, più morbida di quella dell’area del corpo ». La chimica organica spiega molto bene questo processo : le sostanze riportate assorbono più energia e favoriscono cosi la degradazione e l’imbrunimento delle zone che toccano.
Conclusione : « Ciò indica fortemente che le sostanze poste sul corpo, una volta rapprese sulla Sindone, sia gli unguenti per la sepoltura che il sudore e le secrezioni della pelle, trasfigurarono il lino per contatto diretto » in una certa maniera « latente », restando indeterminato il tempo reale dello « sviluppo » : forse degli anni, alle temperature normali aiutate dall’illuminazione solare dell’ambiente. Ma il processo può essere accelerato in laboratorio a temperature elevate.
Bisogna riconoscere che l’ipotesi è seducente, almeno in laboratorio, per il fatto che essa spiega e simula con successo l’ingiallimento delle fibre di cellulosa della Sindone. Tuttavia rimane difficilmente concepibile nella « natura ». Ciò perché non esiste alcun’altra tela funeraria. né nei nostri musei, né nei nostri reliquari di cattedrale, con l’impronta di un’immagine simile : prova questa che il processo immaginato da Pellicori non è cosi « naturale ».
È questa la ragione per cui (quest’ultimo lo confessa) « non tutti gli scienziati sono d’accorde con il nostro ipotetico meccanismo di trasferimento deil’immagine dal corpo ai telo ». stevenson riassume le obiezioni : « L’esame della Sindone non ha mostrato nessuna traccia dei materiali sensibilizzanti che avrebbero causato l’imbrunimento delle aree deil’immagine del telo » 26. A mio parere questa obiezione non è decisiva, dopo le relazioni di Baima Bollone e Michel Adgé a Bologna.
Ma c’è qualche cosa di più grave : « la propriétà tridimensionale degli agenti sensibilizzanti di Pellicori avrebbe potuto solamente essere applicata al telo per contatto diretto. Se è cosi, in che modo lo scolorimento provocato da questi agenti non mostrava nessuna sorta di rapporte di distanza del telo dal corpo nelle aree dove il telo non toccava il corpo ? Pellicori stesso ammette che questa tridimensionalità è l’obiezione maggiore alla sua ipotesi ».
Però egli tenta di superarla « supponendo un contatto diretto prolungato. Ciò suggerisce che piccolissime differenze di pressione sarebbero capaci di riprodurre particolari e sfumature, emanando differenti e minime quantità di materiale sensibilizzante sul tessuto. In altre parole questa teoria (dell’immagine latente) dipenderebbe dalla pressione e dal tempo del contatto tra il tessuto e le parti del corpo ».
Ma allora, di nuovo, corne spiegare che l’immagine dorsale non sia né più né meno finemente modellata dall’immagine frontale, dato che « l’uomo seppellito nel tessuto era disteso sul dorso con tutto il suo peso che premeva sulla Sindone », mentre « la sola pressione sul tessuto che copriva la parte frontale proveniva dal peso del tessuto stesso ? » Eccoci di nuovo riportati all’obiezione che era prevalsa contro la vaporografia di Vignon. Siamo in un circolo chiuso.
Ci deve essere qualche verità nell’idea di Pellicori, ma non basta a rendere conto dell’insieme delle osservazioni.
Bisognerà cercare altro.
L’IPOTESI DI UNA BRUCIATURA
Questa ipotesi è spesso fraintesa o è intrepretata come un ritorno alla teoria del « falso » : l’immagine « artificiale », ottenuta per contatto d’una tela di lino con « una statua calda », oppure dà adito allé speculazioni più fantasiose sulla natura del misterioso irradiamento che comporta l’origine dell’immagine.
L’idea stessa non è certamente stravagante, poichè risale, al di là di Geoffrey Ashe,... allo stesso Vignon. Infatti, cosa degna di nota e spesso dimenticata è che Vignon scrisse in maniera inequivocabile nel 1938, nel suo libro, che lui stesso non poteva liberarsi dall’« impressione di offrire una tesi inadeguata all’oggetto dei nostri studi », non proponendo che la vaporografia. Come ammettere che dei vapori abbiano potuto provocare, a distanza, l’apparizione di immagini cosi poco deformate ? Come spiegare l’esattezza del modellato che scolpisce i tratti del viso con un’infinita delicatezza ? « Il Volto esercitava dunque, a quanto pare, un’azione privilegiata, che l’illuminazione della Sindone con simili radiazioni o l’impiego di certe lastre rendono ora fotograficamente palese. Ora la nostra tesi non saprebbe spiegare questa azione che deriverebbe dall’irradiamento » 27.
Per altre ragioni, quarant’anni più tardi, ray rogers suggeri la possibilità che la Sindone fosse stata strinata da un riscaldamento rapide. Come termochimico, notò, partendo dai negativi di Enrie e dalla relazione della Commissione italiana del 1973, che le reazioni chimiche prodotte, al momento dell’incendio di Chambéry, dall’azione del fuoco sul tessuto, non sembravano aver alterato l’immagine : neppure l’acqua gettata sul fuoco per spegnerlo sembrava aver prodotto alterazioni.
A prima vista tutto è monocromo, la colorazione delle bruciature, le macchie d’acqua, dell’immagine del corpo stesso, tutto sembra simile, sul fondo del tessuto, anch’esso della stessa tinta. La simmetria dei segni lasciati dall’acqua mostra che è stata assorbita dai telo senza che l’immagine le sia stata d’ostacolo, eccetto forse un leggero ritardo nei punti di sangue. Questa stabilità al fuoco ed all’acqua suggerisce fortemente l’idea di una omogeneità, d’una parentela probabile dell’immagine del corpo con le bruciature d’incendio, che l’identità delle caratteristiche di riflessione spettrale hanno confermato 28.
La stessa cosa per le caratteristiche di fluorescenza, almeno quando si paragonano quelle dell’immagine del corpo con quelle dei segni del fuoco anteriori all’incendio di Chambéry. Miller ha dimostrato in laboratorio che la fluorescenza rossastra delle bruciature del 1532 proveniva dal fatto che la combustione aveva avuto luogo in una scatola chiusa. Invece le tracce delle bruciature anteriori, forse dovute ad un incendio all’aria aperta, quindi in presenza di ossigeno, non sono fluorescenti, esattamente come le zone dell’immagine corporea.
Infine, al microscopio, la somiglianza colpisce : « anche a livello di microfotografia, le strinature e l’immagine del corpo riflettono la luce approssimativamente nello stesso modo » 22. Ma vi sono differenze significative che Pellicori ha potuto osservare in microscopia diretta, a Torino. Le macchie d’acqua penetravano e impregnavano tutte le fibre di lino " interessando gli interstizi e la superficie della fibra, cosa che dava un aspetto di saturazione di color brunoscuro ». I segni dell’incendio « hanno alterato il colore di ogni fibra in una costante densità, cioè indifferentemente le curve e gli interstizi ». Le macchie del corpo invece « sono ge-neraimente ristrette al massimo a tre o quattro flbre nella parte superio-re di ogni filo. In altre parole questa leggera colorazione non segue gene-ralmente le curve e gli interstizi causati dall’intersezione dei flli della trama ».
Vi sono dunque somiglianze significative, ma anche differenze che escludono una soluzione semplice. Senza dimenticare l’obiezione maggiore alla quale questa terza ipotesi non sfugge, non meno che le due precedenti. Lo « strinato » non spiega la definizione e le mezze tinte dell’immagine. a meno che non si immagini, tra il corpo ed il lenzuolo, un sistema di schermo o di diaframma capace di regolare l’intensità del calore e della luce, oppure un efficace controllo della sorgente dell’irradiamento, capace di variarne l’intensità. « Tuttavia una tale variazione avrebbe deformato l’immagine, in altre parole, un processo che avesse prodotto sfumature e una definizione accettabile avrebbe deformato l’immagine. Un processo che avesse prodotto un’immagine chiara, non avrebbe dato una definizione e ombratura corretta ». Comunque Jackson fa notare che questo dilemma non è necessariamente insolubile. Egli dice che l’opinione che l’immagine sia il risultato di una strinatura non è necessariamente incompatibile con questo risultato, in quanto meccanismi diversi dalle radiazioni isotropiche termiche potrebbero bruciare un tessuto » 29.
Per analogia la difficoltà è la stessa che con le « variazioni di pressione », alle quali Pellicori deve far ricorso per spiegare la sua immagine « latente ».
In conclusione, la parola « strinatura » è quanto meno preferita da Rogers, da Jackson, da Stevenson, da Adler 30 nella misura in cui questa parola riunisce nella sua comprensione un certo numéro di caratteristiche osservate nell’immagine : ossidazione, disidratazione, coniugazione, senza tuttavia fornirne la spiegazione totale e definitiva, perché sfuggono alla nostra sperimentazione la natura dell’irradiamento e la sorgente di energia che ne è la causa.
Adler suggerisce : « un certo tipo di processo di calore a bassa temperatura o un’elevata temperatura di durata estremamente corta (insufficiente a produrre carbonizzazione) quale meccanismo per produire l’immagine ». Allo stesso momento si riconosce che gli esperimenti di Pellicori : « hanno riprodotto molte, ma non tutte le caratteristiche osservate dell’immagine del corpo della Sindone ».
In tal modo egli dà al suo studio la conclusione più saggia: « cosi noi non possiamo avere l’idea di un meccanismo singolo e semplice che sarebbe anche rispondente ai risultati delle analisi fisiche ».
CONCLUSIONE : « UN MISTERO CHE CONTINUA »
In definitiva, la grande obiezione che fa rifiutare a priori da certuni l’ipotesi della bruciatura è l’impossibilità in cui siamo « di immaginare che un cadavere possa emanare luce e calore sufficienti per strinare un sudario » 31. È per questo che « il resoconto delle ricerche del gruppo di studio ha classificato l’ipotesi della bruciatura nella categoria delle teorie deirinunagine artificiale. In altre parole, la soluzione capitale per alcuni era di tentare di considerare l’immagine della Sindone in termini strettamente naturali ».
Ma siccome « alla fine non fu comprovato che l’immagine della Sindone fosse o artificiale o naturale » 32, lo STURP, almeno « come gruppo di studio » si trovò in un vicolo cieco. Infatti questa immagine non è artificiale, l’abbiamo visto : un vero morto, vera vittima di una vera crocifissione, è stato veramente sepolto in questo lenzuolo e vi ha lasciato un’impronta negativa macchiata del suo vero sangue.
Ma non è neppure « naturale ». Almeno nel senso « letterale » della parola. Come me lo diceva il Prof. Gonella, la sera della chiusura del Congresso di Bologna : « questa immagine è tecnicamente inconcepibile. Scientificamente non deve esistere, non può esistere... eppure la Sindone esiste ». Era riassumere in una frase tutta l’immensa questione posta da tante intense ricerche. È proprio il senso dei risultati ufficiali pubblicati dallo STURP in occasione del Simposio di New London : « Il problema di base, da un punto di vista scientifico, è che alcune spiegazioni, che potrebbero essere ammesse da un punto di vista chimico, sono escluse dalla fisica.
Al contrario, alcune spiegazioni fisiche che potrebbero essere interessanti sono completamente escluse dalla chimica » (cfr. nota 1).
Di conseguenza : « il consenso scientifico è che l’immagine era stata prodotta da qualche cosa che ebbe come risultato l’ossidazione, la disidratazione e la coniugazione della struttura polisaccaridica delle micro-fibre del lino stesso. Tali mutamenti possono essere ripetuti in laboratorio mediante processi chimici e fisici. Una simile modificazione nel tessuto può essere ottenuta dall’acido solforico o dal calore. Tuttavia non esistono metodi chimici o fisici conosciuti, che possono rendere conto della totalità dell’immagine e neppure alcuna combinazione di circostanze fisiche, chimiche, biologiche o mediche può spiegare l’immagine adeguatamente (...). Cosi la risposta alla questione di come l’immagine fu prodotta o cosa produsse l’immagine resta, per ora, come per il passato, un mistero ».
È questa l’ultima parola della ricerca « scientifica » ? Per i firmatari di questo manifesto, si : « l’immagine è un continuo mistero e finché studi chimici più avanzati siano fatti, forse da questo gruppo di scienziati, o forse da alcuni scienziati nel futuro, il problema rimane insoluto ».
Eppure un membre del gruppo sogna : « Fortunatamente (...) la scienza fïsica non è la sola sorgente di evidenza. C’è la storia e c’è l’archeologia » 33. E decide di continuare la ricerca confrontando i ricchi risultati delle « scienze esatte », che ho esposto, con quelle « scienze congetturali » che sono la storia, l’archealogia, l’esegesi biblica.
Questa iniziativa ha rischiato di metterlo in opposizione con i suoi colleghi ed amici, ma chi potrebbe contestarne la legittimità non potrebbe farlo che per ragioni non scientifiche. La fisica e la chimica stesse non sono forse inseparabili dalla storia e dall’archeologia al punto di fare a queste riferimento perfino nei loro specifico campo ? Proprio per questo nessuno allò STURP esita a parlare delle « bruciature del 1532 ». Allò stesso modo abbiamo visto Adler invocare, per interpretare le tracce del « cinabro », dati storici secondo i quali certi artisti hanno copiato la Sindone, « un fatto storico verificabile » (cfr. nota 4). Avrebbe potuto menzionare, per essere completamente esauriente, la pia pratica che consisteva, una volta terminata la copia, di farla combaciare con l’originale !
E come spiegare la « bruciatura » che disegna la fotografia negativa e tridimensionale di un uomo disteso nella posizione della sepoltura ?
A questa domanda, benché gli scienziati non siano ancora riusciti ad identificare il processo fisico-chimico che ha creato questa « scolorazione termica », « un fatto storico verificabile » dà tuttavia una risposta, alla sola condizione di consentire di gettare su questa immagine lo sguardo del medico legale e d’identificare la vittima. È merito di Kenneth Stevenson d’aver preso questa iniziativa con il concorso di Gary R. Habermas e l’appoggio di Robert Bucklin, medico legale a Los Angeles 34. Io suppongo che Stevenson dia spesso la parola, nella sua opera, ad Habermas, ma è difficile distinguere le « saldature » tanto la sintesi è ben fatta : senza confusione di metodi, né dei campi speciflci propri di ogni scienza, ciascuna scienza converge verso il « verdetto ».
« L’immagine è una testimonianza di un uomo noto, Gesù di Nazaret, in un momento noto nella storia. L’immagine è probabilmente una strinatura. Come ciò avvenne non è conosciuto ora né potrebbe mai esserlo in termini scientifici, perché coinvolge un’azione di Dio fuori dalle leggi della natura » 35.
È GESÙ CROCIFISSO
Benché « ciò sembri essere la cosa più logica », lo STURP rifiuta ancora oggi di considerare seriamente « la possibilità » di questa « possibile conclusione », sotto il pretesto che « la scienza non è preparata ad affrontare tali conclusioni » e che « il meccanismo » della strinatura non è tecnicamente credibile ». « Non è una buona scienza » esclamava Stevenson.
In realtà « l’indagine archeologica indica che l’uomo era un giudeo, crocifisso dai Romani e sepolto in concordanza generale con gli usi funerari dei Giudei »36, con particolarità che coincidono esattamente con i procedimenti eccezionali che hanno caratterizzato la crocifissione e la sepoitura di Gesù, come ci è raccontato dai quattro Vangeli : « il caso di Gesù era irregolare. Egli era stato flagellato, coronato di spine, inchiodato alla croce, colpito di lancia al costato (invece di aver le gambe spezzate), sepolto in modo appropriato si, ma non del tutto, ed il suo corpo lasciò il lenzuolo prima della decomposizione ».
Ora la ricerca archeologica e critica più recente ha confermato la storicità della Bibbia in generale e del Nuovo Testamento in particolare.
L’excursus di qualche pagina, consacrato ad illustrare questa verità, riporta informazioni molto buone. L’autore sottolinea con ragione le due coincidenze più notevoli e più generalmente tralasciate. Gesù e l’Uomo del Sudario sono stati entrambi giustiziati come criminali e tuttavia sepolti con onore « in un telo di bella qualità ed individualmente ». In secondo luogo « Il nuovo Testamento asserisce che il corpo di Gesù non subi corruzione, ma che risuscitò da morte ». Lasciamo per il momento da parte la questione della storicità della Risurrezione per prendere in considerazione solo il caso della Sindone : « Non vi sono segni di decomposizione sulla Sindone ». « Ed inoltre le macchie di sangue sono anatomicamente perfette e non sono state alterate dai lini che erano separati dal corpo. Questo confronto è specialmente interessante perché noi abbiamo sudari sepolcrali molto antichi che mostrano macchie di decomposizione ».
Se Gesù è dunque realmente esistito e l’Uomo del Sudario pure, non sono forse essi un solo e medesimo individuo ? Stevenson allora calcola la probabilità « che due uomini siano stati crocifissi e sepolti in questo modo » : adottando « deliberatamente una posizione scettica » arriva alla cifra di « una possibilità su 82.944.000 che l’uomo sepolto nella Sindone non sia Gesù ». Questa percentuale è molto più limitata di quella di tutti i suoi predecessori. Il Padre de gail, ad esempio, dà una possibilità su 225 miliardi. Queste cifre disorientano il profane, scoraggiando la sua immaginazione. Ci si meraviglia, soprattutto, di tali disparità nei risultati di differenti esperti. Accettiamo soltanto la conclusione dell’esperto di statistica : « Praticamente non c’è probabilità che qualcun’altro, all’infuori di Gesù Cristo, sia stato sepolto nella Sindone di Torino ».
SOTTO PONZIO PILATO
I recenti sviluppi della scoperta del Padre Filas, lo scienziato gesuita dell’Università Loyola di Chicago, sono di un’importanza cosi evidente che mi obbligano, malgrado l’incidente spiacevole che hanno provocato a New London, ad unirli al documento dell’apporto americano alla ricerca sindonologica, completando le timide citazioni riportate da Stevenson.
Riassumiamo i fatti. L’analisi elettronica fece apparire, per la prima volta, piccoli rigonfiamenti sopra gli occhi dell’Uomo della Sindone, subito notate da Jumper e Jackson. Essi s’informarono sugli usi ebraici ed appresero che in realtà i giudei ponevano sugli occhi dei defunti frammenti di terracotta o piccole monete per mantenerli chiusi 37. Al Congresso di Torino essi evocarono la possibilità di arrivare un giorno, per mezzo di qualche rafforzamento elettronico o altra tecnica sofisticata, ad identificare questi oggetti.
Orbene nell’agosto 1979, per un caso completamente fortuite, Padre Filas scopre su un ingrandimento, effettuato da una seconda edizione di stampa in seppia, basata sulle lastre originali fotografiche di Enrie dei 1931 38, il disegno di un vincastro listato nella sua parte ricurva da quattro lettere greche : E C A I. Egli consulta Michael Marx, un numismatico di Chicago, consulta l’Opera di Madden 39 ed il catalogo del British Museum. Non c’era dubbio, le quattro lettere costituivano la parte visibile suUa Sindone della scrittura greca : T I B E P I O (YKAI) C A P O C. « di Tiberio Cesare », disposta intomo ad un motivo centrale ben riconoscibile come il vincastro d’astrologo, « lituus », il motivo caratteristico delle monete coniate da Ponzio Pilato.
Due altri numismatici procurano a Padre Filas due monete autentiche di Ponzio Pilato, di cui una, ingrandita alle stesse proporzioni dell’impronta dell’occhio destro dell’Uomo della Sindone, si sovrappone esattamente a quest’ultima : la stessa dimensione, lo stesso conio, la stessa disposizione delle medesime lettere intorno ad un motivo ornamentale di uguale dimensione : « Questa combinazione riguarda dunque sei motivi : un lituus o vincastro di astrologo, quattro lettere « U C A I » ed una moneta a margine ritagliato. Sembra che la spiegazione plausibile sia che una fonte originaria comune, estrinseca alla Sindone, abbia provocato impronte sulla Sindone : cioè una moneta di Ponzio Pilato, coniata, con il vincastro nel suo retro, circondata dalle lettere « I O U C A I... ».
Pubblicando subito la sua scoperta. di cui avemmo rapidamente eco in Europa, il Padre Filas sollevò gravi dissensi in seno allò STURP. Alcuni gli rimproveravano di essere vittima della sua immaginazione e di « scoprire » sul lenzuolo quelle che voleva vederci. Ma, egli rispondeva che, lungi dal vedere quello che lui « voleva », era al contrario ben imbarazzato di leggere un « E » là dove si aspetterebbe o si « vorrebbe » vedere, un « Y », ed una « C » là dove si attenderebbe un « K ».
Ora si verificò ad un esame attento : « che ciò che sembrava come un epsilon greco (S) era di fatto un’errata estensione della trama, sopra l’altezza propria di una « U » con un debole trattino dritto. L’altezza dell’« U » era in forma identica con l’altezza del rimanente « C A I ».
E la « C » al posto della « K » ? Era una grossa obiezione, al momento in cui Padre Filas redigeva la sua monografia. Michael Marx metteva ciò in relazione ad uno sbaglio d’ortografia, cosa, seconde lui, comune all’epoca. Io consultai i nostri studiosi di epigrafia. Essi mi confermarono infatti che ogni sorta di confusione, grafica o grammaticale, è testimoniata nelle iscrizioni greche tardive. Trascorsero alcuni mesi ed ecco che, nel settembre 1981, egli annunzia « che l’errore della parte del nome greco per Tiberio Cesare, riscontrato sulla Sindone, esisteva in modo identico su una moneta di Ponzio Pilato in suo possesso », e « che egli ave va indi-viduato una seconda moneta di Pilato di uno stile diverse dal primo, ma che portava lo stesso identico e raro sbaglio di « CAISAROS » (novembre 1981) 40 ».
Non posso dilungarmi sui rimbalzi incessanti di questa scoperta di cui il Padre Filas mi ha reso amichevolmente partecipe, comunicandomi ogni volta tutti i documenti e le fotografie che mi hanno consentito di vedere e di leggere : data esatta della moneta ad uno o due anni di approssimazione durante il governatorato di Ponzio Pilato (26-36 della nostra era), conferma della lettura delle lettere e del vincastro, come dell’insieme dell’impronta che segna la posizione della moneta a mezzo di analisi tridimensionale, ricerche sull’occhio sinistro.
Ci basta aver confermato con una sorta di datazione assoluta 41 il verdetto della scienza e la diagnosi della medicina légale. Questo « timbro » suggella in maniera manifesta, col sigillo stesso di Ponzio Pilato, l’autenticità della Sindone e l’identità dell’Uomo di cui ha avvolto il prezioso corpo. Ma essa pone con nuova acuzie la questione della « fotogenesi » dell’immagine.
RISUSCITATO IL TERZO GIORNO
La monetina è dunque là, è un fatto incontestabile, che sembra appoggiare il pensiero di quel membri dello STURP che ritengono la genesi dell’immagine come indipendente dallo stato organico delle diverse parti del corpo.
Ma rappresenta pure un nuovo problema. Perché se essa ha « improntato » il telo, è sotto l’effetto della stessa « radiazione » del resto del corpo. Bisogna dunque supporre una proiezione sulla Sindone della faccia nascosta della monetina di cui noi leggiamo l’iscrizione al diritto ! 42.
Un tale irradiamento è in ogni caso la reazione che esprime meglio gli esperimenti scientifîci che i nostri autori sintetizzano di nuovo nel loro capitolo 11. « Evidenza per la Risurrezione ? » : « Questi esami indicano fortemente che la sorgente dell’immagine era una luce o una strinatura ».
Ora, come ogni dispersione di energia, questa radiazione suppone un brusco cambiamento nello stato fisico della sorgente. Un solo avvenimento storico risponde ai dati di questo problema di fisica : il passaggio allo stato glorioso di questo Corpo, disteso freddo e sanguinante in una tomba umida, la « Risurrezione » di Gesù di Nazaret, attestata dai suoi discepoli, testimoni dell’avvenimento, 2000 anni fa.
Basta dire che non si tratta di una risurrezione « spirituale », come vorrebbe una certa « reinterpretazione » modernista delle Scritture, secondo la quale « la cosa importante (...) non è che Gesù risorse letteralmente dalla morte, ma che i discepoli erano convinti che Egli era risorto. Gesù era vivo nelle menti dei suoi seguaci ed Egli « vive » oggi in quelli che credono in Lui come Egli incontra esistenzialmente gli uomini di oggi. Vari critici inoltre asseriscono che qualche cosa era accaduto, ma noi non sappiamo cosa fosse » 43.
Una tale concezione della Risurrezione arriva a negare il fatto storico. E poi è due volte antiscientifica. In primo luogo perché è contraria ai documenti storici più autentici. Habermas ne ricorda la classica ed irutabile dimostrazione, che sottolinea con queste parole di William Wand : « Tutta la stringente evidenza che noi abbiamo è in favore di ciò e quegli studiosi, che lo negano, dovrebbero riconoscere che agiscono in tal modo per un altro motivo, che non quello della storia scientifica » 44. In seconde luogo, infine, è contraria al fatto tangibile, scientifico della Santa Sindone di Torino, di cui « l’evidenza indica che essa è autentica « e che Dio l’ha forse riservata provvidenzialmente per il nostro tempo « per incoraggiare la fede in un’età in cui esistono tante persone dubbiose che pongono interrogativi anche tra i fedeli » 45.
1) Preliminary result of the 1978 Shroud of Turin Investigation, visual data exhibition (Branford House, University of Connecticut).
2) E.J. JUMPER. R.W. MOTTERN. Scientific investigation of the Shroud of Turin. « Applied Optics ». 19. 1909. 1981.
3) K.E. STEVENSON, G.R. HABERMAS. Verdict on the Shroud evidence for the Death and Resurrection of Jésus-Christ. Servant Books, Ann Arbor, Michigan, 1981. Trad. Francese di France-Marie Watkins. Fayard éd. Sfortunatamente questa traduzione non offre ogni garanzia in molti punti e presenta gravi ed incredibili lacune : per esempio, a pag. 187, la frase chiave della conclusione generale dell’opera : « L’evidenza indica che questo è autentico » è omessa ! Il metodo è inqualificabile nella traduzione di un lavoro scientifico !
La traduzione italiana dei volume (Vsrdetto suUa Sindone) è stata édita dalla Ed. Que-riniana nei 1982.
4) J.H. HELLER. A.D. ADLER. A chemical investigation of the Shroud of Turin. « Can. For. Sci. ». 14. 81. 1981.
5) Lista descrittiva e localizzazione delle ventidue strisce, op. cit. p. 84.
6) Campione « 6 BF » : colpo di lancia al costato destro, idem p. 93-94.
7) R.A. morris, L.A. SCHWALBE, J.R. LONDON, X-Ray Fluorescent Investigation of the Shroud of Turin, “ X-Ray Spectrometry ”. 9. 1980, 40-47.
8) J.H. HELLER. A.D. ADLER, Blood on the Shroud of Turin. « Applied Optics », 19, 2743, 1980.
9) W.C. McCrone, C. Skirius, Light Microscopical Study of the Turin Shroud « Microscope » 28, n 3 / 4, 1980.
10) J.H. HELLER. A.D. ADLER. A chemical investigation of the Shroud of Turin, p. 90.
11) W.D. MILLER. S.F. PELLICORI. Ultraviolet Fluorescence Photography of the Shroud of Turin. « J. Biolog. Photography ». 49, 71, 1981.
12) P. BARBET, Les cinq plaies du Christ, Paris 1937, 4e éd.. p. 56.
13) K.E. STEVENSON, G.R. HABERMAS, Verdict on the Shroud.... p. 80.
14) lbid.
15) J.H. HELLER. A.D. ADLER, A chemical... p. 99.
16) W.C. MCCRONE. C. skirius. Light Microscopicat Study ecc.. « Microscope », 28. 3/4. 1980.
17) A chemical,... ill. N° 6. p. 93.
18) S.F. PELLICORI. Spectral Properties of the Shraud of Turin. « Applied Optics », 19. 1918. 1980.
19) A chemical... p. 98.
20) Verdict.... p. 85.
21) P. VIGNON. Le Saint Suaire de Turin. Ed. Masson. Paris, 1938, p. 5
22) S.F. PELLICORI, M.S. EVANS, The Shroud of Turin through the microscope, « Archaeology », 34, 1981, 41.
23) P. BARBET. La Passion du Christ, selon le chirurgien. 7e éd. Apostolat des éditions, 1965, p. 60.
24) Op. cit. p. 5.
25) Ibid. p. 198.
26) Verdict on the Shroud, p. 86 ss
27) P. VIGNON, op. cit.. p. 199 (1938).
28) J.S. ACCETTA, J.S. BAUMGART. Infrared reflectance spectroscopy and thermographic investigations of the Shroud of Turin, « Applied Optics », 19, 1921, 1980
29) Verdict, p. 93.
30) « Sembra che qualche tipo di struttura carbonica coniugata sia con molta probabilità cromoforo » (A.D. ADLER, A chemical..., p. 98)
31) Verdict on the Shroud, p. 92.
32) Ibid., p. 81.
33) Ibid., p. 112.
34) Cf. la dichiarazione di quest’ultimo (aggiunto come post scriptum), ibid.. p. 189-190.
35) Ibid., p. 110.
36) Ibid., p. 120 e ss.
37) Non è possibile trattare qui la storia di questa usanza, della sua pérsistenza flno ai nostri giomi e della sua ragione di essere dottrinale e simbolica. Notiamo tuttavia che scavi recenti hanno fatto scoprire all’interno di un cranio due monete dei re Erode Agrippa (27-44 della nostra era). Queste monete avevano dovuto originariamente essere state poste sugli occhi del defunto.
38) L. FILAS. The dating of the Shroud of Turin from coins of Pontius Pilatus, Cogan Productions, Youngtown, 1980.
39) F.W. Madden, History of Jewish Coinage and of Money in the Old and New Testament, 1864, 2 ed. 1967, KTAV, New York.
40) News Release, Loyola University of Chicago, Jan. 12, 1982.
41) Il Padre FILAS fa giustamente notare: « Anche se fosse effettuato sulla Sindone un esame al carbonio 14 », resta critica e problematica l’interpretazione dei risultati » (op. cit. p. 10).
42) Un’ipotesi dei Prof. TAMBURELLI risponde, è vero, alla questione, tenendo conto dello stato organico : la monetina avrebbe impresso la sua impronta su di un coagulo di sangue macchiando la palpebra, poi sarebbe stata tolta dopo l’irrigidimento del corpo. Ed è il motivo stampato in tal modo sullo strato di sangue che si sarebbe impresso sul lenzuolo
43) Verdict, p. 149.
44) Ibid. p. 153.
45) Ibid. p. 187.