LIBER ACCUSATIONIS IN PAULUM SEXTUM

1. Eteroprassi : La libertà religiosa

MENTRE il Concilio ne discuteva con calore Voi parlavate già della Iibertà religiosa, come di una dottrina certa, che non presentave difficoltà. Si poteva pensare che il Papa definisse questa nuova dottrina, e la promulgasse, impegnandovi la sua autorità infallibile... E ancora sarebbe stato necessario che voi poteste, osaste dichiararla contenuta nel Deposito della Rivelazione e sempre conservata dalla tradizione dellà Chiesa Romana. Il che era, evidentemente, impossibile, inconcepibile. E quindi ne avete fatto solo cenni fuggevoli, davanti ad uditori chiaramente incompetenti e indifferenti, o complici. Siete Voi che avete imposto, illegittimamente, la libertà religiosa nella Chiesa.

Ne parlavate « come di un altro diritto fondamentale dell'uomo » fin dal vostro Discorso d'apertura della II Sessione del Concilio1. E, l'8 dicembre 1965, a chiusura del Concilio, come di uno dei « diritti legittimi e sacri, dovuti a tutti gli uomini onesti »2. Avvenimento decisivo, Voi l'avete proclamata all'ONU prima ancora che il Concilio si pronunciasse, il 4 ottobre 1965, nel senso in cui l'intende questa Assemblea delle Nazioni Unite, di fondazione e ispirazione massonica : « Perché voi qui proclamate i diritti e i doveri fondamentali dell'uomo, la sua dignità, la sua libertà e, per prima, la libertà religiosa. Noi sentiamo da voi interpretata la sfera superiore della sapienza umana e, aggiungiamo: la sua sacralità. Perché si tratta innanzi tutto della vita dell'uomo: e la vita dell'uomo è sacra: nessuno può osare di offenderla »3.

Tale è la « saggezza » di questa assemblea... che i vostri Predecessori definivano « delirio » : l'Uomo è libero, la sua Libertà è sacra. Non c'è niente sulla terra al di sopra di esso o di essa ; nessun Dio può essergli imposto come Signore universale, nessun uomo ha sul suo simile un'autorità superiore per insegnargli, governarlo, per giudicarlo e al tempo stesso punirlo nel nome di Dio.

E' questo che Voi riconoscete come primo « Diritto dell'Uomo » a nome vostro e - senza nemmeno averlo avvisato, come se aveste carta bianca - a nome del Concilio4.

Questo nuovo Liberalismo l'avete esposto, sebbene molto oscuramente, nel vostro Radiomessaggio del Natale 1964 e nell'Allocuzione del 26 giugno 19655. Il popolo fedele non ne ha ritenuto che un'idea: « Questa dottrina capitale — dicevate — si sintetizza in due affermazioni fondamentali: in materia di fede, nessuno sia impedito, nessuno sia costretto: Nemo impediatur, nemo cogatur ». La forza è bandita da questo campo dove Voi dite che solo l'amore comanda. I poteri pubblici che pretendono di intervenire « si arrogano il diritto di penetrare in un terreno che non è di loro competenza »6. Voi limitate questa libertà individuale solamente alle esigenze dell'ordine pubblico : sottomettete così la religione al controllo della polizia degli Stati ! Questa dottrina che avete professato e che avete imposto al Concilio, profondamente diviso su questo punto, questa dottrina è proprio quella che i vostri Predecessori hanno sempre condannata. E' per fedeltà al loro Magistero che noi l'abbiamo subito respinta e seguitiamo a respingerla7.

Soppressione del Magistero ecclesiastico

Per mettere in pratica questo nuovo liberalismo avete voluto rinunciare all'esercizio del vostro Supremo Magistero. Voi dichiarate l'uomo libero in materia religiosa, dunque pensate che sia preferibile astenersi che imporgli d'autorità la verità di Dio. Dal 29 settembre 1963 distoglieste il Concilio dal promulgare « definizioni dogmatiche », « formule solenni ». E spiegavate così questa rinuncia: « Non vogliamo fare della nostra fede un motivo di polemica con i fratelli separati ».8

Analogamente la vostra Enciclica Ecclesiam Suam dice di non voler insegnar niente, di non voler imporre niente d'autorità: « La presente Enciclica non vuole avere un carattere solenne e propriamente dottrinale, né proporre insegnamenti determinati, di ordine morale e sociale ». Allora cosa? « Essa vuole essere semplicemente un messaggio fraterno e familiare »9. Questo liberalismo pratico vi spingerà ad annotare anche i più gravi, i più solenni dei vostri insegnamenti dogmatici e morali con qualche formula restrittiva che ne attenua o ne annulla il carattere obbligatorio e normativo. Perché un Credo, se non deve essere infallibile ?10. Perché una Enciclica come Humanae Vitae senza obblighi né sanzioni ?11. E quando i nostri teologi si dichiarano partigiani dell'aborto libero, voi pronunciate un discorso molto fermo, sì!, ma a un uditorio di giuristi, mentre si imporrebbe la condanna degli infanticidi e la scomunica dei teologi che si fanno loro garanti religiosi12. Non volete più che l'uomo parli all'uomo con l'autorità di Dio per non ledere la sua sacra libertà di pensiero e di azione !

Seguendo questa linea liberale avete abrogato il Giuramento Antimodernista prescritto da San Pio X e mantenuto dal 1910 fino ai nostri giorni, e la Professione di fede del Concilio di Trento prescritta da Pio IV e tuttora in vigore. La vostra nuova formula non mette più in imbarazzo nessuno e nessuno vi attribuisce importanza. Ha svolto la sua parte di pretesto per toglier di mezzo le altre13. Sotto Paolo VI si è liberi di pensare ciò che si vuole, a tutti i livelli della Gerarchia !

Invece, sostenendo di essere illuminato dallo Spirito Santo, non avete temuto di attribuire ai vostri discorsi e a quelli del Concilio un valore di infallibilità extra-canonica di pretesa ispirazione divina, assolutamente illegittima14, ma tutt'altro che autoritaria : doveva essere come una seduzione e comunicazione d'amore, senza forza d'obbligazione perché ricevuta senza resistenza. Lo direte molto più tardi: la conciliazione fra l'obbedienza e la libertà individuale si trova, per Voi, non nella Autorità divina e nella Verità infallibile della Dottrina, ma nell'amore15. Tutto ciò rientra nel campo del più puro immanentismo.

Fine dell'interdetto e della scomunica

Avendo annunciato la Libertà religiosa come un diritto dell'uomo, inalienabile e sacro, non potete più esercitare all'interno della Chiesa il vostro potere legislativo, giudiziario e coercitivo. Soprattutto non volete. Volete essere amato più che obbedito e sedurre più che comandare.

Non trovate niente da condannare: « Ora non si tratta più di estirpare dalla Chiesa questa o quella specifica eresia o disordini generalizzati... grazie a Dio non ne esistono più. nel seno della Chiesa »16. Ma nella società, nella società profana? Senza dubbio, « la Chiesa potrebbe... proporsi di estirpare i mali che vi potessero allignare e lanciare contro di essi anatemi e promuovere contro di essi delle crociate... Ci sembra, al contrario, che il rapporto della Chiesa con il mondo, senza fermarsi ad altre legittime forme, possa esprimersi meglio in forma di dialogo »17. Il 17 febbraio 1969 Voi ammettevate che si registrano nella Chiesa numerosi e gravi errori e disordini preoccupanti. Anche allora, preferiste non intervenire: « Sarebbe facile, e potrebbe essere forse nostro dovere rettificare... ma... ». Lascerete « il buon popolo di Dio farlo da solo », e perché ? « Vogliate avvertire, carissimi, come lo stile del Nostro governo ecclesiastico voglia essere pastorale... paterno e fraterno e umile nel sentimento e nelle forme. Sotto questo aspetto, se il Signore ci aiuta, vorremmo essere amati »18.

Il 9 luglio seguente annunciaste una nuova liberalizzazione della disciplina ecclesiastica : « Stiamo per vivere un periodo di grandissima libertà nella vita della Chiesa e, di conseguenza, di ciascuno dei suoi figli. Questa libertà significherà meno obblighi legali e meno inibizioni interne. La disciplina formale sarà allentata, ogni arbitrio abolito... saranno ugualmente abolite ogni intolleranza e tutti gli assolutismi »19.

Così, in piena crisi di fede e di costume, Voi instauraste l'anarchia di una « società permissiva » in cui ognuno segue liberamente l'impulso della sua coscienza !

Con grande rapidità, per questa ragione, vi siete deciso a riformare la Curia e prima di tutto il Sant'Uffizio20. Dal 15 giugno 1966 l'Indice è soppresso, il Sant'Uffizio cambia nome e funzione : non condannerà più, ma si dedicherà alla ricerca costruttiva ! Il tempo degli interdetti e delle scomuniche è finito. E' per questo che io avrei tutte le difficoltà del mondo ad ottenere di essere « giudicato » a Roma ; ciò non si fa più, mi spiega il Cardinal Lefebvre !21.

II dialogo : « La Chiesa diventa conversazione »

La nuova forma, che arriverete a definire « la sola legittima », dei rapporti religiosi fra uomo e uomo nella Chiesa, e della Chiesa con il mondo, è il dialogo. In Ecclesiam Suam la presentate come la grande novità del vostro Pontificato, o meglio, come l'apostolato della Chiesa in una nuova fase della sua storia. Perché il dialogo esclude ogni parvenza d'autorità, di gerarchia, d'obbligo o, come preferite dite in modo peggiorativo, di fanatismo, di intolleranza, d'arbitrio e di tirannia. E' uno scambio di opinioni del tutto umano, libero, fraterno: « Quest'arte di comunicazione spirituale... non è comandamento e non procede in modo imperioso »22.

Sostenete che questo fu il comportamento di Nostro Signore: « il diàlogo della salvezza non costringe nessuno ad accettarlo ; esso rappresentò una formidabile domanda d'amore che, se costituì una pesante responsabilità per coloro ai quali è diretta (cf. Marco 10, 21) li lasciò liberi di corrisponderle o di respingerla... Del pari, se la nostra missione è annuncio di verità indiscutibili e di necessaria salvezza, essa non si presenterà armata di esteriori coercizioni, ma dalle sole vie legittime dell'educazione umana, della persuasione interiore, della conversazione corrente, essa offrirà il suo dono di salvezza, sempre nel rispetto della libertà personale degli uomini civili »23.

Sostengo che qui c'è un'alterazione del Vangelo, un'interpretazione erratissima di Marco 10, 21. Dico che questa interpretazione è una condanna della dottrina e della pratica della Chiesa attraverso i secoli. Infine, affermo che c'è contraddizione a proporre « verità indiscutibili » e « salvezza necessaria » ricorrendo alla conversazione comune. « Questa forma di rapporto... esclude la condanna a priori... la polemica offensiva... divenuta abitudine... i vani apriorismi e le espressioni invariabili... »24. Tutti questi odiosi aggettivi danno torto a colui che parla come testimone di Gesù Cristo, come Apostolo e come Santo di Dio, ardente di zelo per la salvezza delle anime.

E' una grande novità nella Chiesa : « Noi non chiediamo niente, se non la libertà di professare e di proporre a chi vuole accoglierla, questa religione, questo nuovo legame stabilito tra gli uomini e Dio attraverso Gesù Cristo Nostro Signore », dicevate a Betlemme25. Il vostro liberalismo sembra salire da Voi a Dio stesso! Ciò non è più LA religione rivelata, necessaria; diventa una religione possibile tra le altre, per chi la vuole.

La religione divina scompare di fronte alla libertà dell'uomo

« La Chiesa diventa dialogo ». Come lo potrebbe senza dimenticare temporaneamente la sua autorità divina ? Senza offuscare, per strategia o stratagemma, l'assoluto della Rivelazione e della Redenzione cristiana ? "Anzitutto avvicinarsi e comunicare, Voi dite, prima di convertire e per convertire... "26. Ma c'è da temere che il vostro nuovo metodo, il libero dialogo, anziché preparare la via alla predicazione, al dibattito, all'obbligo di credere fatto a tutti sotto pena di dannazione, si sostituisca a quello e si fermi là, a questo scambio del tutto umano di libere opinioni.

La discussione dei punti di vista e delle preferenze individuali prevale sulla grazia divina e la verità ! Tanto più che, nel desiderio di adulare gli altri e di piacer loro riconoscete a tutti una parte di verità ! Ammettendo, in cambio, la possibilità di errori da parte nostra. Se, come si ricava dalla vostra « praxis » le opinioni religiose degli uomini sono sempre libere, rispettabili, tutte in qualche modo valide, e se è vero che devono essere oggetto non di condanna a priori, ma di scambi benevoli, vuol dire che la sincerità umana deve prevalere sulla verità divina... almeno in pratica.

Ma questa pratica vi conduce irresistibilmente alla teoria corrispondente.

Prima della vostra Enciclica, la fede era un assoluto, l'incredulità causa di dannazione. Da esse dipendevano la salvezza eterna delle anime e il bene temporale comune. Chi crede all'inferno eterno e più ancora alla Beatitudine celeste, chi crede in Gesù Crocifisso, senza il quale nulla possiamo, non parla, non chiacchiera, non gioca con i misteri divini. Insegna la sacra dottrina con autorità, combatte l'eresia e preferisce usare la forza delle leggi per aiutare gli uomini a conoscere la verità e a serbare la fede, a convertirsi, a vivere nella virtù, piuttosto che lasciarli dannare e piuttosto che lasciar scivolare il mondo verso la rovina per « liberalismo ».

Al contrario, il vostro culto della libertà umana, la ricera di quanto può lusingare gli uomini nei loro errori e la loro stessa rivolta, vi portano a esagerare l'importanza delle disposizioni soggettive degli uomini e a non invocare più i diritti di Dio. La religione cristiana, divenendo un'opinione tra le altre — almeno in pratica! — cessa di regolare, di fatto, l'universo degli uomini. La sua oggettività sfuma. Inferno, Paradiso? Grazia o maledizione? Pietà, empietà ? Tutto questo perde di consistenza. Avete un bel rispondere alla critica: « L'irenismo e il sincretismo sono, in fondo, forme di scetticismo verso la forza e il contenuto della parola di Dio che dobbiamo predicare »27; il vostro dialogo genera irenismo, sincretismo e, infine, scetticismo perché rende, metodicamente, sistematicamente, relativa l'Assoluta Verità di Dio.

Gò che cresce, allora, è l'orgoglio dell'uomo, chiamato da Voi nel dialogo a farsi giudice delle cose divine. L'universo cristiano ha vacillato dal giorno in cui il dialogo è stato proclamato da Voi il solo mezzo legittimo d'apostolato nuovo : invece di essere Dio a giudicare l'uomo, è l'uomo chiamato a giudicare Dio. La vostra eteroprassi genera l'eterodossia del culto dell'uomo.


(1)Discours p. 120; Lettere 195 p. 5, 7.

(2) ibid. p. 258.

(3) ibid. p. 331; Lettere 214 p. 3, 215, p. 5, 218 p. 5; CRC 57 p. 6.

(4) Lettera 214 p. 3.

(5) DC 65, 134; ibid. 65, 1254-1255; Lettera 209 p. 6; CRC 57 p. 6.

(6) DC 65, 135; cf. Lettera 195 p. 6, 200.

(7) Lettere 183, 206, 209, 211 p. 13, 214; CRC 57 p. 9.

(8) Discorso, p. 117.

(9) DC 64, 1058; Lettere 180.

(10) 30 giugno 1968, DC 68, 1249; CRC 10 p. 1-2.

(11) 25 luglio 1968, DC 68, 1441-1457; cf. CRC 10 suppl. p. 1-2, 11 p. 2.

(12) Allocuzione ai giornalisti italiani, 9 dicembre 1972; DC 73, 4.

(13) DC 67, 1486; Lettere 251, p. 1-2.

(14) Lettere 212, 213 p. 4-8.

(15) 16 ottobre 1968; DC 68, 1834; cf. Lettera 214 p. 1-3.

(16) Ecclesiam suam, DC 64, 1071; Lettere 180 p. 1; CRC 47 p. 2.

(17) ibid., DC 64, 1082; Lettera 180 p. 5.

(18) Al clero di Roma, DC 69, 213-216; CRC 27 p. 8, 47 p. 2.

(19) DC 69, 705; CRC 23 p. 2E, 47 p. 6.

(20) 18 novembre 1965; Discours p. 232; cf. Lettera 216 p. 1-2.

(21) Lettera riservata, 1° maggio 1966, Lettere 226, suppl. cf. 227.

(22) Ecclesiali suam, DC 64, 1082; Lettera 180 p. 5; GRC 47 p. 6.

(23) ibid., 1081, Lettera 180 p. 1.

(24) ibid., 1082, Lettera 180 p. 5.

(25) Discours p. 270.

(26) Ecclesiam suam, DC 64, 1079; Lettera 180 p. 1-2.

(27) Ecclesiam suam, DC 64, 1084; Lettera 180 p. 6.